venerdì 15 febbraio 2008

Estimo forestale: metodo di cubatura e valore di macchiatico

Dendrometria
Scienza che si occupa della cubatura degli alberi abbattuti, in piedi e di boschi interi, coetanei e disetanei. Nel caso di boschi interi si ricorre all'operazione tecnica del cavallettamento consistente nel rilevare altezze e diametri degli alberi e suddividerli in classi diametriche. Il diametro delle piante si misura mediante il cavalletto dendrometrico. Esiste parimenti un nastro speciale detto ciclometro recante da una parte la misura della circonferenza e dall'altra la misura corrispondente del diametro. I ciclometri si impiegano per misurare i polloni dei cedui.

Cubatura degli alberi abbattuti.
Per la cubatura dei fusti esistono numerose formule. Le più impiegate sono le seguenti:

Formula di Huber o della sezione mediana: V = Sm * H in cui:
V : volume del fusto; Sm : area della sezione mediana del fusto; H : altezza del fusto o del tronco.

Formula di Smalian o della sezione media: V = ( S0 + Sn)/2 * H in cui:
S0 : area della sezione presa al colletto (pedale della pianta); Sn : area della sezione di punta (senza cimale).

Cubatura del legname minuto.
Data la sua forma irregolare, non può essere determinata con formule geometriche. Può impiegarsi lo xilometro, ovvero uno strumento che permette di misurare il volume dell'acqua spostata dal campione di legname immerso. Conoscendo il peso specifico, si risale alla cubatura.

Cubatura degli alberi in piedi.
La cubatura degli alberi in piedi può essere effettuata con i seguenti metodi:
metodo a vista: si raffronta mentalmente l'albero oggetto di cubatura con quelli a cubatura nota. L'estimatore deve essere molto esperto.
Metodo della misurazione diretta: consiste nel misurare il diametro a petto d'uomo (130 - 150 cm) e la relativa altezza. Si applica quindi una delle formule usate per i tronchi abbattuti. Si può risalire al diametro della circonferenza mediana togliendo da ogni metro di altezza un centimetro al diametro accertato a 130 cm.
Metodo dei numeri formali: consiste nel risolvere la seguente formula in cui compare il coefficiente di forma f. V = S * H * f in cui:
V : volume del tronco;
S : superficie presa a 130 cm;
H : altezza; f : coefficiente di forma riferito a cinque protitipi dendrometrici, ovvero: cilindro: f = 1 paraboloide cubico: f = 0,60 paraboloide apollonico: f = 0,50 cono retto : f = 0,33 neiloide : f = 0,25

Ripartizione del volume totale degli alberi in legname da lavoro e da ardere.
Del volume totale o dendrometrico di un albero, comprensivo dell'intero fusto con il cimale ed i rami, la percentuale spettante al volume del tronco (legname da lavoro) è variabile con la specie legnosa, la densità del bosco, l'età della pianta, la stazione della pianta stessa. Per gli alberi maturi
cresciuti in fustaia si possono ritenere valide in linea di massima le seguenti percentuali:

Latifoglie: legname da lavoro: 40 - 70% legname da ardere: 30 - 60%

Conifere: legname da lavoro: 70 - 90% legname da ardere: 10 - 30% Nelle conifere il legname da lavoro rappresenta una parte considerevole.

Cubatura della massa boschiva.
La cubatura dei soprassuoli boschivi rappresenta il problema più importante nella dendrometria. Il volume della massa boschiva si può determinare con i seguenti metodi:
metodo sintetico a vista: esige l'esperienza di un perito forestale. L'errore medio è del 15 - 20%
Metodo dell'albero modello: si applica per boschi coetanei della stessa specie e con diametri non troppo diversi tra loro. Si misurano i diametri a petto d'uomo di un notevole numero di piante e si raggruppano in classi di diametro tale che tra due successive classi esista una differenza di 2 cm. Per ciascuna classe si trova il diametro medio e si abbatte un "albero modello", ovvero quello avente il diametro medio e l'altezza media della classe. Se ne determina quindi il volume. Moltiplicando il volume dell'albero modello per il numero delle piante presenti sull'intera superficie boschiva si troverà la cubatura totale cercata.
Metodo delle aree di saggio: si procede al cavallettamento della sola area di saggio (risparmio di spese e tempo, ma larghe approssimazioni). Il volume totale si ricaverà con l'opportuna proporzione.
Metodo delle tavole stereometriche: le tavole stereometriche danno il volume degli alberi in funzione dell'altezza e del loro diametro. Quando il volume di un albero è dato dalla tavola in funzione del solo diametro, tale tavola dicesi ad una sola entrata. Quando il volume di un albero è dato in funzione dell'altezza e del diametro, la tavola dicesi a doppia entrata.

Le tavole stereometriche si dividono in: tavole cormometriche: danno il volume del tronco da lavoro senza cimale e ramaglia; tavole dendrometriche: danno il volume totale, cimale e ramaglia compresi. Le tavole stereometriche generali avendo un vasto campo di applicazioni sono molto approssimative. Le tavole stereometriche locali sono più esatte.

Metodo delle tavole alsometriche:le tavole alsometriche forniscono il volume della massa legnosa per ettaro di una data specie forestale, nonché l'incremento medio alle varie età e per singole classi di produttività dei boschi coetanei. Le tavole alsometriche possono essere generali o locali. La produttività di un bosco è determinata dall'altezza che le piante raggiungono alle diverse età per cui, conosciuta l'età del soprassuolo e l'altezza media, viene definita la classe di produttività in cui le tavole sono suddivise. I valori trovati servono solamente per avere una idea del volume del bosco e non esimono dalle misurazioni in campo.

Problemi estimativi. I problemi estimativi riguardanti i terreni boschivi sono gli stessi già considerati per i frutteti, di cui si possono adottare le formule di matematica finanziaria per la loro risoluzione analitica. Di un bosco si può calcolare:
valutazione del capitale terra o suolo nudo: (V0);
valutazione del capitale bosco, in un anno intermedio del turno: (Vm); valutazione del capitale soprassuolo: (Vss);
valutazione dell'età del massimo tornaconto all'abbattimento;
valutazione del prezzo di macchiatico.
Le stime possono essere effettuate per via sintetica o per via analitica. Il perito dovrà scegliere il metodo che più razionalmente risolve il quesito estimativo.

Stime sintetiche.
Metodo generalmente seguito, consiste nel valutare separatamente le piante ed il capitale terra, sommando poi i valori trovati. Il suolo nudo si valuta rilevando i prezzi di mercato di fondi con vocazione forestale aventi caratteristiche simili a quella in oggetto di stima (terreno a pascolo, incolto, ecc.). Si valuta poi il valore del soprassuolo che risulterà dalla massa degli assortimenti mercantili ricavabili (calcolati con procedimenti studiati in dendrometria) e valutati in base al prezzo di mercato medio della zona.

Stime analitiche. La stima analitica dei boschi è scarsamente applicabile per le difficoltà che si incontrano nella determinazione del reddito periodico ed in particolare nella scelta del saggio di capitalizzazione. In pratica si utilizza un saggio fornito da altri investimenti colturali con bassa produttività. Tali investimenti devono riferirsi a quelli presenti nella zona ove è sito il bosco oggetto di stima. Per quanto concerne le formule di matematica finanziaria rivedere quanto esposto nel capitolo relativo ai frutteti.

Valutazione del prezzo di macchiatico.
Il prezzo di macchiatico rappresenta il valore delle piante "in piedi" considerate sul più vicino mercato. Si ottiene sottraendo al valore di mercato degli assortimenti mercantili ricavati o ricavabili dalle piante, tutte le spese relative alla trasformazione: taglio, esbosco, trasporto, assicurazione, direzione, spese varie ed interessi. La sua determinazione è richiesta ogni volta che si vendono gli alberi in piedi che abbiano raggiunto una maturità tale da permettere la loro utilizzazione, ovvero quando sono pronti per il taglio. Il prezzo di macchiatico è quindi un particolare aspetto economico riferibile al più probabile valore di trasformazione. Detto valore di trasformazione è riferito ovviamente a boschi e foreste. Il prezzo di macchiatico corrisponde al valore del soprassuolo quando le piante sono pronte per l'utilizzazione, ovvero all'età del massimo tornaconto (altrimenti non vi sarebbe coincidenza fra i due valori). Quando si deve valutare il soprassuolo n anni prima dell'abbattimento non si potrà parlare di prezzo di macchiatico, ma di valore di aspettazione, ovvero facendo riferimento al valore delle piante in piedi fra n anni, scontato al momento della stima. Questa stima avviene quando si valuta il bosco con metodo sintetico, valutando cioè il suolo in base ai valori di compravendita di terreni a vocazione forestale ed aggiungendovi il valore del soprassuolo. Tale valore del soprassuolo sarà il prezzo di macchiatico se le piante sono pronte per il taglio, il valore di aspettazione se le piante sono ancora lontane dal taglio di maturità. La stima analitica del solo soprassuolo:
Vss = Vm - V0
risulta scarsamente applicabile a causa dei lunghi cicli forestali, dell'impossibilità della ricerca del saggio di capitalizzazione (piccole variazioni del saggio determinano variazioni notevoli del valore).

Analisi del prezzo di macchiatico.
Per risalire al prezzo di macchiatico è necessario calcolare gli assortimenti mercantili ricavabili dal bosco e rilevare il loro prezzo di mercato allo stato tondo e concentrato all'imposto. Si procede poi ad analizzare le spese da sostenere per tagliare, esboscare e trasportare detti assortimenti sulla piazza di smercio. Si esamineranno dapprima le spese da sostenere per impiantare il cantiere:sistemazione delle strade di accesso; costruzione di ricoveri ed annessi in bosco.

Analisi delle singole voci di spesa.
Le voci di spesa presenti nell'analisi del prezzo di macchiatico sono riferibili a: taglio ed allestimento in bosco: dovrà essere calcolato il costo orario della manodopera e della attrezzatura, il costo del taglio ed allestimento del legname al mc o al q.
Esbosco: le operazioni di esbosco sono riferibili a quelle relative all'avvicinaggio del materiale, carico, trasporto e scarico, impianto, montaggio e smontaggio delle teleferiche. A seconda dei sistemi di trasporto i costi unitari (al mc o al q) variano notevolmente e devono comprendere la manodopera e le relative quote delle attrezzature utilizzate.
Assicurazione: della manodopera contro incidenti di carattere fortuito. Sono di notevole entità a causa dei concreti rischi insiti in tale tipo di attività.
Interessi e rischi dei capitali investiti calcolati per sei mesi al saggio di un medio investimento bancario.
Direzione, sorveglianza, amministrazione: rappresentano il compenso per il lavoro intellettuale dell'imprenditore.
Spese per progetto di taglio, stima, asta, contratto, consegna. Spese per I.V.A. (se conteggiata). Logicamente l'analisi del prezzo di macchiatico viene effettuata prima dell'abbattimento del bosco.
Il prezzo di macchiatico così trovato non è sempre positivo. Vi sono casi in cui le spese di trasformazione superano il valore dei prodotti ricavabili. Ciò si verifica, ad esempio, per l'impervia dislocazione del bosco, oppure per il modesto prezzo di mercato per quella specie legnosa. In tali casi non conviene economicamente effettuare la trasformazione. L'analisi del prezzo di macchiatico permette di verificare quindi la convenienza economica all'abbattimento del bosco.

I Cedui di Querce Caducifoglie

I cedui di querce caducifoglie

In Italia, il governo a ceduo è l'ordinamento tradizionale dei molti boschi dì querce caducifoglie di proprietà privata. Come prima ricordato i cedui di querce sono stati gestiti per lungo tempo con turni di 12-16 anni per la produzione non solo di legna da catasta, ma anche di fascine ed altri "assortimenti minuti" che avevano un tale valore da rendere convenienti anche ripuliture intercalari, mentre oggi vi è convenienza ad utilizzare i cedui con turni di 20-30 anni (in Toscana i cedui, quasi esclusivamente a cerro, hanno un turno medio intorno ai 23 anni).
Questa maggior estensione del turno abbiamo visto che ha comportato il rientro di alcune specie consociate (tra cui il carpino nero), la rinnovazione gamica dal seme prodotto dalle matricine delle querce era più attiva con turni bassi e le raccolte intercalari della fascina di sottobosco liberavano i semenzali dalla concorrenza.
Attualmente si tende ad intensificare la matricinatura anche nell'intento di incoraggiare la
conversione dal ceduo. Questo fenomeno, unito all’allungamento del turno, può avere inconvenienti a lunga scadenza sulla rinnovazione e sulla conservazione delle querce (da notare che esiste una normativa forestale che detta il turno massimo oltre il quale un soprassuolo non può più essere governato a ceduo).
Vediamo brevemente di seguito il motivo.
Un ceduo con matricine destinate a permanere per un solo turno è un ceduo matricinato (fa ancora parte dei cedui semplici). Le funzioni delle matricine possono essere così sintetizzate:

􀂾 rinnovare le ceppaie
􀂾 non scoprire troppo il terreno al momento del taglio
􀂾 aumentare il prodotto dei tagli con una aliquota di tronchetti più grossi

Finché il numero dei rilasci è inferiore a 70-80 per ettaro e il turno non supera i 25-30 anni, le matricine non ostacolano significativamente lo sviluppo dello strato dei polloni. L’aumento del numero delle matricine parallelamente a quello del turno di utilizzazione comporta una progressiva chiusura della copertura, con aduggiamento dei polloni sottostanti (con conseguente riduzione dell’accrescimento). Il processo appena descritto è molto più rapido nei terreni fertili rispetto a quelli scadenti.
Nei cedui di bassa fertilità una matricinatura più elevata ha più senso perché sono maggiori le esigenze in termini di copertura, inoltre si mira ad avere piante per produrre tronchetti più grossi e quindi rendere proficuo l'utilizzo del soprassuolo.
Il ceduo composto è una forma di governo rivolta a creare soprassuoli formati da un ceduo ed una fustaia, in cui le due componenti si combinano sullo stesso tratto di terreno boscato.
La struttura del ceduo composto è costituita da un piano inferiore formato dai polloni del ceduo a cui si mescolano gli allievi che andranno a formare la fustaia e da un piano superiore formato dagli alberi della fustaia. Il ceduo viene sottoposto usualmente a taglio raso, mentre nella fustaia si applica una forma di taglio saltuario che conferisce alla fustaia stessa una struttura disetanea.
Nei cedui composti francesi la fustaia è in buona parte formata da farnia, da rovere e da faggio, la produzione di queste specie è di legname da opera di buona qualità, a tal fine il ceduo svolge un importante ruolo nell'impedire la formazione di rami nella parte inferiore dei fusti.
La maggioranza dei (pochi) cedui composti italiani è formata da matricine di due o tre classi cronologiche. Nei querceti la specie prevalente, se non esclusiva, è il cerro e la qualità del legname di questa specie fornita dalle matricine è molto inferiore a quella della farnia e della rovere.
In Italia attraverso le Prescrizioni di Massima è fornita un'indicazione generale dei caratteri del ceduo composto che viene considerato tale quando possiede almeno 140 matricine, di cui 80 allievi e 60 matricine di tre o quattro turni.
Da quanto detto possiamo annotare che i cedui composti italiani sono caratterizzati da una
composizione ben diversa da quella dei cedui composti francesi dai quali è possibile ricavare, oltre che legna da ardere, una certa quantità di legname da opera fornita da specie pregiate.
Questa forma di governo ha trovato quindi una scarsa diffusione se si fa eccezione per i soprassuoli destinati alla produzione di ghianda.

Selvicoltura delle Fustaie di Querce Caducifoglie

Fustaie di querce caducifoglie

Il governo a fustaia per la produzione di legname dì pregio viene praticato su boschi di farnia e dì rovere in Francia, in alcuni paesi balcanici e in Germania.
La conoscenza del trattamento della fustaia per la produzione di legname di pregio ci interessa non solo perché l'industria italiana é la maggiore importatrice del legname che ne deriva, ma anche per applicare interventi selvicolturali per la rinnovazione delle querce e per il mantenimento dei querceti nel lungo periodo nei pochi boschi ad alto fusto presenti in Italia.
Il turno deve essere lungo (120-200 anni) perché le querce fruttificano tardi, perché bisogna che al momento della rinnovazione sia scomparsa qualsiasi forma di concorrenza dello strato inferiore e perché gli assortimento di pregio di queste specie sono quelli di grandi dimensioni.
Un grandissimo problema in questi boschi ad alto fusto è la rinnovazione che deve fare i conti con le specie concorrenti, soprattutto carpini e orniello, che sono dotate di un denso
fogliame e di un più rapido accrescimento iniziale. La competizione tra le querce e le specie ad esse correlate si svolge su due piani distinti:

1. le querce sono specie di dimensioni relative maggiori e anche di più elevata longevità che si impongono nel lungo periodo;
2. le specie consociate sono tolleranti l'ombra allo stato giovanile, producono abbondanti frutti alati e leggeri e, in tal modo possono formare, sotto copertura delle querce, uno strato inferiore che, in natura, può rivelarsi temporaneo.
Finché questo strato inferiore formato dalle specie consociate è giovane e compatto, la rinnovazione delle querce è impossibile
Le querce hanno una spiccata tendenza alla formazione di popolamenti a struttura monoplana.
Anche per tali motivi il trattamento che ha dato i migliori risultati è stato quello a tagli successivi.
Con questo trattamento la rinnovazione naturale ha, con il taglio di sementazione, delle ragionevoli prospettive in fustaie mature che

a) siano provviste di piante a chioma sufficientemente ampia per la produzione di molta ghianda;
b) abbiano una struttura monoplana e che le specie consociate si presentino al massimo come
singole piante atte eventualmente ad integrare la copertura;
c) abbiano i1 suolo sgombro da qualsiasi forma di sottobosco denso.

E' molto importante che il taglio di sementazione coincida con una annata di ghianda abbondante perché la luce al suolo provocherà l'insediamento della "flora delle tagliate" ed è dunque necessario che l'insediamento dei semenzali sia molto rapido, in caso contrario dopo che la vegetazione delle tagliate si fosse affermata, ogni successiva annata di ghianda sarà inutile ai fini della rinnovazione.
Dopo il taglio di sementazione si effettua di norma un solo taglio secondario. Se siamo stati abili e fortunati avremo un ricco novellame.
Queste piante durante la loro crescita saranno disturbate dalle specie concorrenti, per cui dovremo effettuare operazioni di ripulitura, interventi che se effettuati su tutta la superficie è molto onerosi ed oggi per ridurre i costi, si lavora secondo delle "linee di coltura" che consiste nell'aprire vialetti paralleli affinché l'operaio possa penetrare agevolmente e effettuare le ripuliture.
Successivamente altra importantissima operazione sono i diradamenti, normalmente dal basso, che devono essere fatti gradualmente in quanto bisogna stare attenti perché le querce in seguito ad un'eccessiva illuminazione del tronco (fenomeno che si verifica anche in caso di squilibrio della chioma o in seguito a ferite da potature troppo ingenti) potrebbero emettere rami epicormici, che come ben sappiamo comporterebbe la formazione di nodi deprezzanti il legno.
Resta sottintesa la presenza di un numero non precisabile di piante di altre specie rilasciate come popolamento accessorio, il quale ha una duplice funzione:
• obbligare a crescere le piante di quercia con la chioma inserita in alto e senza rami epicormici;
•chiudere i vuoti di copertura per evitare la formazione di strati bassi di sottobosco cespuglioso.

Il Cerro

Quercus Cerris

Il cerro è un grande albero che può raggiungere i 30-35 m di altezza, ha il tronco diritto e slanciato, la chioma ovaleggiante e di media compattezza. Le foglie sono tardivamente caduche, molto variabili nella forma, hanno consistenza coriacea con la pagina inferiore pubescente.
La ghianda matura è portata sui rami dell'anno precedente, fornita di una cupola provvista di squame lunghe anche 1 cm tormentose. Il cerro ha un'areale più ristretto della roverella, decisamente più orientale con limitazioni sia a nord che a sud.
E' raro in Francia ed in Svizzera, così come a nord del Po ed in Sicilia, manca invece in Sardegna; forma boschi in Italia dall'Appennino Tosco-Emiliano fino alla Calabria e nei Balcani. Il limite freddo è dovuto ad una minore resistenza alle minime assolute (che
si manifesta con vistosi cretti da gelo sul fusto) e anche alla quantità di calore estivo. Il limite inferiore è prevalentemente un limite di aridità, in quanto è una specie piuttosto esigente di acqua che partecipa anche ai boschi planiziari in cui si associa alla farnia, mentre alle espansioni in zone xeriche corrispondono perdite di vigore e di potere di concorrenza e, quindi, la possibilità di ampie consociazioni con la roverella.
L'ottimo edafico del cerro corrisponde a suoli profondi, freschi e ricchi di basi; è molto eliofilo e sfugge alla concorrenza con lo sviluppo giovanile rapido (rapidissimo nei polloni). Il legname è pesante, non durevole, di difficile segagione, la ghianda è amara e scarsamente appetita al pascolo, ma il rapidissimo accrescimento giovanile ne fa, dal punto di vista economico, una specie apprezzata nei cedui da legna da ardere.

Il farnetto

Quercus frainetto

Il binomio specifico del farnetto (o quercia d'Ungheria) deriva da un refuso tipografico in quanto Michele Tenore nel 1813 aveva chiamato questa specie Q. farnetto, in riferimento al nome comune, e non "frainetto" come compose invece il tipografo. E' un albero alto fino a 30-40 m, ha portamento slanciato maestoso, che ricorda quello della rovere, con chioma ampia e densa.
Le foglie ricordano quelle della farnia, ma sono di maggiori dimensioni, molto più profondamente lobate e muniti di peli fulvi sulla pagina inferiore. Le ghiande sono portati da peduncoli quasi nulli o molto corti, protetta da una cupola con squame numerose, pubescenti e appressate, sporgenti dal margine della cupola.
L'areale del farnetto è essenzialmente europeo sud-orientale, l'area italiana va dal sud della Toscana fino alla Calabria. E' specie mesofila, esigente in fertilità e scioltezza del suolo, è piuttosto eliofila ma in gioventù sopporta l'ombra meglio della rovere e della farnia; è molto suscettibile alle gelate e ai venti freddi. Ha straordinaria rapidità di accrescimento che manifesta soprattutto quando viene tenuta a ceduo; le sue ghiande sono dolci e molto appetite dagli animali.

La roverella

Quercus pubescens

La roverella fra le diverse specie europee del sottogenere Quercus è sicuramente la più polimorfa e quindi risultano ancora più accentuati ì problemi di inquadramento tassonomico.
È un albero di taglia inferiore alle due querce precedenti e raramente raggiunge i 25 m di altezza, il fusto è breve, non particolarmente diritto, con branche sinuose e rami sottili e divergenti che vanno a formare una chioma ampia, irregolare, non molto densa. Le foglie sono semplici, alterne, con lamina di forma fittamente pubescente. Il picciolo è lungo 0,5-1,5, tomentoso . E' specie che può iniziare a fruttificare molto precocemente (10-12 anni). I frutti, maturanti nell'anno, sono portati su un breve peduncolo pubescente. La ghianda è protetta anche sino a metà da una cupola munita di squame grigiastre, molto pubescenti, appressate, triangolari, appressate anche all'apice e superanti il bordo della cupola. L'areale della roverella gravita principalmente nella parte meridionale del continente
europeo, in Italia si ritrova in tutte le regioni fra 200 e 800 m s.l.m. prevalentemente su pendii caldi e luminosi.
La roverella è tipica specie eliofila, termofila e xerofila, nell'area mediterranea tende ad sottrarsi l'aridità estiva sfruttando il suo apparato radicale fittonante, profondo ed espanso, con la fioritura e l'entrata in vegetazione più precoci del leccio, con l'emissione di getti autunnali e con accenni di comportamento da semisempreverde. Grazie a questi adattamenti, la roverella è in grado di competere con il leccio almeno nelle regioni ancora sufficientemente piovose. Ha crescita relativamente lenta (questo la espone all'azione di specie concorrenti) e notevole capacità pollonifera; viene tenuta per lo più a ceduo per produrre legna da ardere; le ghiande sono ricercate dai suini.

La/Il rovere

Quercus petraea

La/Il rovere è un albero che può raggiungere 30-40m di altezza, il tronco è robusto, diritto,
cilindrico e lungamente indiviso; i rami principali sono molto nodosi e ascendenti, formano una chioma ampia, densa abbastanza regolare; le foglie sono caduche, un poco coriacee allo stato adulto, intensamente verdi e glabre sulla pagina superiore, glabrescenti o più o meno pubescenti e glaucescenti su quella inferiore (in tutti i casi con ciuffi dì peli rossastri all'ascella delle nervature), hanno forma oblungo-obovata con 1a massima larghezza verso la metà; sono cuneate o talora troncate-cordate alla base, con lobi (5-8) arrotondati, meno profondi e più regolari che nella farnia mentre la lunghezza della foglia è simile; invece il picciolo è caratteristicamente lungo (1,5-3 cm).
Il frutto maturante nell'anno e portato da un peduncolo pubescente quasi inesistente o brevissimo (da qui i sinonimi Q. sessilis e Q. sessiflora). La cupola è formata da squame pubescenti, ovatolanceolate, strettamente appressate per cui la superficie appare omogenea e liscia, la ghianda appetita dai suini è di dimensioni leggermente inferiori rispetto alla farnia.
La rovere ha un areale incluso in quello della farnia, con limitazioni soprattutto in senso continentale in quanto risulta molto suscettibile alle gelate tardive (entra in vegetazione prima della farnia). Essa risente meno dei danni da siccità essendo provvista di un apparato radicale fittonante e profondo, ma non tollera la sommersione; è relativamente esigente, ottimali sono i suoli acidi o sub-acidi ben drenati, è eliofila anche se i semenzali possono sopportare un ombreggiamento continuato per 2-3 anni.
In Italia la diffusione della rovere ha risentito molto delle trasformazioni in colture agrarie, della coltura del castagno, e dell'intenso sfruttamento che ha subito nei secoli.

La Farnia

Quercus robur
La farnia è un albero di grosse dimensioni, alto sino a 30-35m, il tronco è robusto e soprattutto negli esemplari isolati, tende presto a ramificarsi in grosse branche, le foglie sono caduche, ovato o ovataoblunghe, strette alla base ma asimmetriche per l'ineguale sviluppo dei due piccoli lobi basali; sono più larghe nella parte superiore ed hanno 5-7 paia di lobi ampi e separati da seni arrotondati, le dimensioni sono comprese tra (5) 10-12 (14) cm di lunghezza, il picciolo è brevissimo.
La fase giovanile della farnia è piuttosto lunga, si aggira intorno ai 60-70 anni in bosco, verso i 30 anni in piante isolate. Il peduncolo dell'infruttescenza matura costituisce uno degli elementi salienti di questa specie (suo sinonimo è Q. peduncolata) essendo lungo 5-9 (12) cm. La cupola è costituita da squame che sono ben saldate (solo l'apice è libero) e formano una superficie liscia, hanno forma rombica o triangolare, quelle più vicine al peduncolo sono molto più grandi.
La ghianda è di dimensioni variabili (2-3,5 cm) ovato-oblunga, con il diametro massimo verso la metà. La chioma genera una copertura poco intensa, ma si difende dai concorrenti col rapido sviluppo giovanile e col rapidissimo sviluppo dei polloni. Questa quercia è tra le specie europee del suo genere ad avere l'areale più vasto: dagli Urali alla Spagna settentrionale, dalle Isole Britanniche e dal sud della Scandinavia fino alla Calabria. La farnia è un tipico albero delle pianure alluvionali, è molto esigente in luce e vuole suoli in cui la falda sia superficiale e continua visto che l'apparato radicale della pianta adulta, anche se è molto robusto ed espanso, rimane abbastanza superficiale, inoltre tollera molto bene anche lunghi periodi di sommersione. In Italia è presente in tutte le regioni (con l'eccezione delle isole), soprattutto nelle pianure alluvionali o lungo le valli umide; la maggior parte di questi ambienti è stata modificata dall'uomo e attualmente la farnia è in forte contrazione e si ritrova in maniera puntiforme lungo la penisola.

Le Querce Caducifoglie Italiane

Le Querce Caducifoglie Italiane

“..... mi è lecito affermare che il genere Quercus rappresenta la perfetta negazione del concetto di specie ...... si tratta di un immenso caos...... “ (Borzì, 1911)
Se nel 1911 un botanico siciliano scriveva queste parole, la questione non è migliorata con le nuove conoscenze, in quanto la maggior parte delle querce presenta una spiccata variabilità fra gli individui, che viene ulteriormente complicata dalla interfertilità che stabilisce un flusso genico non solo fra le specie ma anche all'interno di sciami di ibridi da loro derivati e fra gli ibridi e le relative specie parentali; i meccanismi di introgressione vengono quindi ad ampliare la gamma delle variabili fenotipiche intraspecifiche.
Tutto questo a dato origine a centinaia di specie quercine, ma le revisioni tassonomiche più recenti tendono a ridurre il numero delle specie mettendo maggiormente in risalto i caratteri simili (attualmente siamo intorno a 300 - 350 specie). Naturalmente anche la sistematica delle querce europee è investita da queste problematiche che hanno determinato non poche difficoltà ma, esclusivamente per le querce europee particolarmente seguita è la classificazione di Schwarz riportata in Flora Europea (1993) . Per questo autore esse appartengono a 3 sottogeneri: Quercus, Cerris e Sclerophy11odrys.
Data la vastità e complessità dell'argomento preferirei partire da alcune nozioni sistematiche del genere Quercus per poi concentrare l'attenzione esclusivamente sulle specie di maggior interesse.
Per avere un quadro generale ecco il seguente schema:

Schema Tassonomico delle Querce
Classe: Magnoliopsida
Sottoclasse: Hamamelididea
Ordine: Fagales
Famiglia: Fagaceae
Subfamiglia: Quercoideae
Genere: Quercus
Subgenere: Quercus Cerris Selerophyllodrys
Specie: Q. robur Q cerris Q. ilex
Q. petraea Q. suber Q. coccifera
Q. frainetto Q. macrolepis
Q. pubeescens Q. trojana

All'ordine delle Fagales appartengono specie arboree o arbustive con foglie semplici e alterne, i cui fiori, unisessuali, hanno perianzio totalmente o completamente assente, ma sempre insignificante; il frutto è un achenio più o meno racchiuso in un involucro. Questo ordine comprende 4 famiglie, tra cui quelle delle Fagaceae, caratterizzate dall'avere fiori non bratteati; frutti parzialmente o totalmente protetti da una cupola. Essa è rappresentata da 8 generi (tra cui Quercus), che vengono riuniti in 3 sottofamiglie, una è quella delle Quercoideae distinguibile dalle altre per avere i fiori maschili riuniti in amenti penduli e con ovario tricarpellare.
Nel genere Quercus come prima accennavo abbiamo per le specie italiane 3 sottogeneri,
caratterizzati da:
subgen. Quercus: foglie decidue o semipersistenti; ghianda maturante nell'anno. subgen. Cerris: foglie persistenti, semipersistenti o decidue; ghianda maturante di norma al 2° anno.
subgen. Sclerophyllodrys: foglie persistenti ed a lamina spessa; ghianda maturante in 1 o 2 anni.
Dopo questa breve introduzione possiamo incominciare a parlare delle nostre querce. Vorrei precisare che per non creare confusione tratterò le singole specie separatamente e l'ordine con cui verranno trattate non ha niente a che vedere con una maggiore o minore importanza dell'una rispetto all'altra.

giovedì 14 febbraio 2008

Apprendere con la webquest: la stima di un bosco

1. Introduzione

Che cos’è un bosco? Certamente un tesoro ambientale direbbero in tanti, la webquest in esame vuole introdurre gli alunni di una classe 5^ di un Istituto Tecnico Agrario ad indirizzo forestale a guardarlo non solo in questi termini, ma come una risorsa in evoluzione, che va gestita nel miglior modo possibile, ed anche ad una risorsa economica importante per le aree marginali,ad una possibilità di specializzazione professionale importante.
L’attività in esame è ipotizzata in una classe costituita da 15 alunni di ambo i sessi, motivati allo studio dell’estimo e appassionati alla gestione del territorio che li circonda.
Gli studenti devono quindi imparare ad osservare e ad interpretare la realtà utilizzando il materiale prodotto in classe e da attività cooperative come strumenti per sviluppare ragionamenti originali, verificare la validità dei modelli proposti o l’affinità tra i casi direttamente osservati e gli esempi illustrati.
L’attività in esame si propone come uno strumento per organizzare queste osservazioni in modo sistematico. Le indicazioni in essa contenute - che rappresentano in alcuni casi la norma, in altri dei consigli dettati dall’esperienza maturata in anni di lavoro - dovrebbero essere seguite ogni volta che si debba stimare un bosco, sia pure adattandole alle diverse esigenze e mediandole con logica.
Fare una stima secondo un procedimento logico, utile anche quando si devono fare semplici considerazioni estemporanee, diventa indispensabile quando si prevede di concludere l’indagine con una relazione scritta, cosa che accade nella maggior parte dei casi, sia durante la carriera studentesca, sia nell’attività lavorativa. Non bisogna infatti dimenticare che la relazione spesso sarà lo strumento su cui altre figure professionali, non sempre tecnici forestali, dovranno operare per le quali il loro lavoro sarà tanto più utile quanto più si sarà proceduto secondo un protocollo conosciuto e concordato.
Per fare tutto ciò la classe (la ipotizzo di 20 alunni di ambo i sessi) dovrà dividersi in 4 gruppi di 5 alunni (un gruppo si occuperà di fare da tramite tra affidatario del lavoro e affidante, un secondo farà la parte dell’affidatario del lavoro, un terzo si occuperà della raccolta dei dati, un quarto della loro elaborazione), e ognuno di questi assolverà ad un compito, il tutto finalizzato alla stesura della relazione finale.
Le prime domande che un tecnico si pone davanti ad un bosco sono:
1) quali specie occupano questo territorio?
Relazione che intercorre tra organismi e clima, esito di processi di competizione tra specie diverse, di predazione, di scelte economiche e selvicolturali.
2) quali sono i fattori che ne permettono la presenza e la crescita?
Occupazione dello spazio esplorato, nell’atmosfera e entro il suolo, per accedere alle risorse (radiazione solare, acqua, nutrienti), e strategie (adattamenti) sviluppate da ciascuna specie per avere successo nella competizione con le altre specie
3) in quale misura l’attività dell’uomo ha agito sulle specie e sui fattori?
Attività selvicolturali di taglio e di piantagione, ma anche pascolamento di animali domestici, opere di drenaggio, raccolta di lettiera etc.
A queste domande l’attività tenterà di rispondere con il fine di arrivare ad una stima accurata e puntuale del bosco, analizzandone tutti i fattori, in primis quello economico.
2. Finalità del lavoro
Il fine del lavoro è quello di arrivare ad una precisa stima del valore di mercato delle piante in piedi del bosco in questione, non solo dal punto di vista strettamente numerico, ma prendendo in considerazione tutte le variabili che potrebbero presentarsi nel corso dello svolgimento di una futura professione di perito agrario.
La divisione in gruppi è una bella simulazione della realtà lavorativa, in quanto spesso e volentieri ci si trova a collaborare e mettere insieme competenze differenti, data la vastità delle competenze in ambito agro-forestale.
Il prodotto del lavoro dovrà essere una relazione scritta in formato word, con un’introduzione, descrizione delle caratteristiche geomorfologiche e vegetazionali della stazione, metodo di stima utilizzato, con in allegato i piedilista di cavallettamento.

3. Come procedere?

Per arrivare alla stima di un complesso boscato (con fine di compravendita della massa legnosa presente) è necessaria una suddivisioni in gruppi congrui di alunni: ciascuno di essi assolverà ad una funzione.
Ci sarà un gruppo delegato a districarsi nel groviglio della burocrazia, che interessa l’assegnamento di un lavoro del genere ad uno studio tecnico di periti, e nel gioco delle parti tra committente e affidatario della stima.
Un secondo gruppo si metterà nei panni di chi affida la stima del bosco di sua proprietà (e che vuole vendere) ad un pool di periti destinati alla sua stima in termini monetari…non fa mai male prevedere le mosse della controparte!!
Un terzo gruppo si occuperà della parte relativa ai calcoli dendrometrici, necessari per la quantificazione della massa legnosa ritraibile, e della martellata delle piante che dovrebbero cadere al taglio.
Un quarto gruppo invece si occuperà dell’elaborazione dei dati dendromentrici, per stabilire il vero e proprio valore monetario di compravendita, stabilendo il valore di macchiatico, che sarà proprio il valore del bosco da vendere alla ditta boschiva incaricata del taglio degli alberi.
Dove finiranno tutti i dati e i pareri raccolti ed elaborati dai vari gruppi? In una relazione tecnica che sarà il prodotto finale della webquest.
I parametri da prendere in considerazione e sviluppare per la stesura della relazione e l’analisi dei dati dovranno essere di vario tipo:
· tipo di bosco: composizione specifica; nel caso di boschi misti,sarà opportuno quantificare la composizione utilizzando valori percentuali del grado di copertura delle singole
· tipo di soprassuolo in relazione all’estensione: gruppo di pochi alberi, gruppo di grandi dimensioni, soprassuolo esteso
· distribuzione orizzontale degli alberi. Si può fare una valutazione apparente sia per boschi puri che misti: a gruppi, regolare, casuale, in filari etc. distribuzione verticale degli alberi (soprassuolo monoplano o biplano qualora i piani siano ben distinguibili, stratificato qualora non si possano individuare piani per distinti; eventuale diversa composizione dei piani).
· origine del soprassuolo: da seme o da pollone, eventualmente mista; artificiale o naturale
· forma di governo precedente
· forma di trattamento
· stadio evolutivo, per popolamenti coetaneiformi: novelleto, spessina, perticaia, fustaia.
· densità del soprassuolo: questo carattere può essere espresso dal numero di individui o dall’area basimetrica. Il numero di individui è un dato ambiguo se non se ne precisano le dimensioni, e quindi il diametro. Insieme a quest’ultimo carattere è invece utile perché, data la relazione che lega il diametro all’altezza, ci permette di capire in quale modo si ripartiscono nello spazio alberi di dimensioni diverse. L’area basimetrica è un’informazione precisa, ma talvolta troppo sintetica; essa richiede misure e calcoli specifici.
· Volume ritraibile dal taglio delle piante in piedi a seconda degli assortimenti legnosi
· Il grado di copertura delle chiome, esprimibile in percento, é correlato, in maniera approssimativa, alla densità del soprassuolo; la stima del grado di copertura si effettua in modo relativamente semplice. In boschi stratificati è utile indicare il grado di copertura delle chiome separatamente per i diversi strati.
· altezza degli alberi dominanti
· composizione, distribuzione, altezza del novellame affermato, se presente (piante di specie arboree alte da 20 a 150 cm) e dei semenzali (alti fino a 20 cm). Questi valori costituiscono limiti convenzionali che possono essere stabiliti di volta in volta)
· composizione e densità dello strato arbustivo
· determinazione dell’età di alcune piante (mediante conta degli internodi, o degli anelli se sono disponibili ceppaie tagliate di recente) sia per il popolamento adulto che, eventualmente, per il novellame
· presenza di ceppaie: origine (per lo più derivano da utilizzazioni boschive) e grado di marcescenza, distribuzione spaziale
· condizioni sanitarie (individuazione di eventuali piante deperienti e piante troncate o sradicate)
· nei cedui: caratteri delle matricine (diametro medio, caratteri della chioma, distanza e tipo di distribuzione, composizione specifica)
· caratteri della vegetazione erbacea ed arbustiva.

4. Valutazione del lavoro svolto
Nella valutazione avranno un peso sia il lavoro di ricerca svolto all’interno di ciascun gruppo, sia quanto i gruppi riusciranno a lavorare cooperando tra loro in funzione dell’elaborazione dei punti della relazione finale
Naturalmente questo perché sia il lavoro di ogni singolo gruppo, sia la cooperazione e la coincidenza dei parametri considerati saranno fondamentali per avere le informazioni necessarie per arrivare ad una stima corretta e ad una relazione di stima appropriata.
Un buon 70% nel peso della valutazione sarà dedicato alla correttezza nella stesura della relazione (in linea con le indicazioni ritrovate nella ricerca in rete) e alla credibilità dei risultati ottenuti e delle conclusioni.
5. Risorse
www.agr.unifi.it/materialedidattico/manualew7.rtf
www.ziopapes.it/IDA/Post/la_memoria/piante/produbosco.htm
www.agraria.org
www.personalweb.unito.it/filippo.brun/annex/macchia.pdf
www.istruzioneonline.it/archivio/estimo/4estimo3.1.htm
ilforestale.org
www.studiocertani.it/estimo.htm
www.isafa.it
it.wikipedia.org/wiki/Ceduo
www.sapere.it
www.pozzz.altervista.org/dendrometria.htm
www.sisef.it
www.agroselviter.unito.it

6. Conclusioni
La progettazione ed elaborazione dell’attività ha una duplice funzione. In primo luogo quella di dare ai ragazzi delle basi valide sulla modalità e le metodiche di lavoro dell’ allestimento di una relazione tecnica (cosa che in genere a scuola non si insegna….) e quindi avere meno difficoltà nell’affrontare una situazione che facilmente potrebbero trovarsi ad affrontare nel loro lavoro, in secondo luogo di sviluppare una visione critica dei dati trovati.
Aspetto da non sottovalutare è che un’attività di questo tipo può aprire gli occhi sul mondo del lavoro e sulle aspettative che un diciottenne ha per esso.
Tutto il lavoro dovrà svolgersi nell’arco di tre settimane, due per la raccolta dei dati e l’elaborazione delle informazioni, una per la stesura della relazione e per la discussione sulle conclusioni a cui si è arrivati.